Analisi della deformazione - Seconda parte

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Le dilatazioni e direzioni principali della deformazione

In linea generale una generica terna di vettori ortogonali uscenti dal punto P considerato non si mantengono tali in seguito alla deformazione. Qualunque sia la deformazione, tuttavia, esiste in ogni caso almeno una terna di vettori che mantiene la reciproca ortogonalità dopo la deformazione, e le direzioni ad essi associate sono definite direzioni principali della deformazione, mentre i valori dei coefficienti di dilatazione lineare relativi a queste direzioni sono chiamati dilatazioni principali della deformazione.

La ricerca delle dilatazioni e direzioni principali della deformazione si realizza ricercando gli autovalori e gli autovettori del tensore della deformazione. Tale ricerca è da effettuarsi ponendo:

E𝐧=λ𝐧 [1]

dove 𝐧 rappresenta gli autovettori e ognuno dei vettori cui corrisponde una direzione principale della deformazione e λ gli autovalori, che si possono dimostrare corrispondere al coefficiente di dilatazione lineare relativo al vettore 𝐧

Il problema si riconduce alla risoluzione di

(EλI)𝐧=0

che altro non è che una riformulazione della relazione precedente. Quest'ultima relazione si riconduce alla risoluzione delle tre equazioni seguenti:

{(ϵ11λ)𝐧𝟏+ϵ12𝐧𝟐+ϵ13𝐧𝟑=0ϵ21𝐧𝟏+(ϵ22λ)𝐧𝟐+ϵ23𝐧𝟑=0ϵ31𝐧𝟏+ϵ32𝐧𝟐+(ϵ33λ)𝐧𝟑=0

Oltre a questa si deve considerare la limitazione che debba essere n12+n22+n32=1 dato che questi termini sono i coseni direttori della direzione 𝐧, i quali per definizione devono rispettare la limitazione precedente. Quest'ultima limitazione elimina la possibile soluzione banale per cui n1=n2=n3=0. Perché esista soluzione alle equazioni precedenti deve accadere che il determinante della matrice dei coefficienti sia nullo, cioè:

|ϵ11λϵ12ϵ13ϵ21ϵ22λϵ23ϵ31ϵ32ϵ33λ|=0

Da quanto detto si ricava la seguente equazione, chiamata equazione secolare di Laplace:

λ3λ2E1+λE2+E3=0

in cui:

E1=ϵ11+ϵ22+ϵ33E2=|ϵ11ϵ12ϵ21ϵ22|+|ϵ11ϵ13ϵ31ϵ33|+|ϵ22ϵ23ϵ32ϵ33|E3=|ϵ11ϵ12ϵ13ϵ21ϵ22ϵ23ϵ31ϵ32ϵ33|

Dall'equazione secolare di Laplace si ricavano tre radici reali λ1λ2λ3, che indichiamo con e1e2e3, e ad ognuna di esse corrisponde una terna di valori dei coseni direttori. Ogni terna di coseni direttori identifica una direzione principale della deformazione. Di conseguenza si sono definite le tre direzioni e dilatazioni principali della deformazione. I valori delle dilatazioni principali sono solitamente ordinati in modo che sia e1e2e3. Si può dimostrare che le dilatazioni principali massima e minima rappresentano effettivamente i valori massimo e minimo della dilatazione lineare nel punto considerato.

Queste quantità sono indipendenti dal sistema di riferimento utilizzato, e in base alla loro invarianza è possibile anche dimostrare l'invarianza dei termini E1E2E3 citati in precedenza, che vengono perciò chiamati invarianti di deformazione lineare, quadratico e cubico rispettivamente.

Se come sistema di riferimento si considerasse la terna di vettori che definiscono le direzioni principali della deformazione, si avrebbe che gli scorrimenti mutui tra le tre direzioni considerate si annullerebbero per definizione di direzione principale della deformazione. Il tensore della deformazione, dunque, si ridurrebbe a:

E=[e1000e2000e3]

In alcuni casi può accadere che si abbiano due o tutte e tre le dilatazioni principali uguali: nel primo caso saranno direzioni principali della deformazione tutte le direzioni ortogonali a quella con il valore di e differente, mentre nel secondo caso tutte le direzioni uscenti dal punto saranno principali. Quest'ultimo caso è definito idrostatico, dal momento che è esattamente il caso che ricorre in un generico punto di un fluido in quiete.

Tensore sferico e tensore deviatorico della deformazione

In generale può essere interessante decomporre il tensore della deformazione E in due componenti, in modo che sia:

E=E0+ED

E0=[E13000E13000E13] è chiamato tensore sferico

ED=[ϵ11E13ϵ12ϵ13ϵ21ϵ22E13ϵ23ϵ31ϵ32ϵ33E13] è chiamato tensore deviatorico

Il tensore sferico ha la caratteristica di avere invariante lineare uguale a quello del tensore originario, per cui in esso è concentrata la variazione di volume della deformazione. D'altro canto per ogni coppia di direzioni che è possibile considerare lo scorrimento mutuo è sempre nullo, per cui il tensore sferico da solo caratterizza una omotetia dell'intorno del punto, cioè una trasformazione tale che sia conservata la forma e ne vengano mutate le dimensioni. Quest'ultima caratteristica è facilmente comprensibile considerando che le tre dilatazioni principali sono tutte uguali tra loro, motivo per cui tutte le direzioni sono direzioni principali della deformazione.

Il tensore deviatorico, al contrario, ha invariante lineare nullo, per cui ad esso non competono variazioni di volume. Al contrario ad esso sono associate tutte le distorsioni dell'intorno. In ogni caso, comunque, esso mantiene le medesime direzioni principali del tensore originario, mentre le dilatazioni principali differiscono di una quantità pari a E13.

La congruenza della deformazione

Finora ci si è concentrati sulla possibilità di definire compiutamente la deformazione partendo dagli spostamenti v. A questo punto, tuttavia, è lecito chiedersi se dato un tensore di deformazione di componenti arbitrariamente scelti esso sia in grado di descrivere la deformazione. Si può dimostrare che, perché ciò sia possibile, le componenti del tensore di deformazione deve soddisfare sei equazioni di congruenza, anche dette di Saint-Venant:

  • δ2ϵ11δp22+δ2ϵ22δp122δ2ϵ12δp1δp2=0
  • δ2ϵ11δp32+δ2ϵ33δp122δ2ϵ13δp1δp3=0
  • δ2ϵ33δp22+δ2ϵ22δp322δ2ϵ32δp3δp2=0
  • δ2ϵ22δp1δp3+δ2ϵ33δp1δp2δ2ϵ23δp12δ2ϵ11δp2δp3=0
  • δ2ϵ22δp1δp3+δ2ϵ11δp3δp2δ2ϵ12δp32δ2ϵ33δp2δp1=0
  • δ2ϵ11δp2δp3+δ2ϵ33δp1δp2δ2ϵ13δp22δ2ϵ22δp1δp3=0

Note

  1. Tale condizione consiste nel ricercare le direzioni che in seguito alla deformazione, a meno di traslazioni e rotazioni rigide, mantengono la direzione che avevano nella configurazione indeformata